Gli spazi sotto il tetto di copertura di un edificio in condominio non sono per ora inclusi dalla legge tra i beni comuni in quanto non sempre costituiscono incondizionatamente oggetto di comunione tra tutti i condomini. Lo saranno invece se l’attuale disegno di legge di riforma delle disciplina del condominio all’esame del Senato approverà quello già passato alla Camera, che appunto espressamente li include tra le parti comuni se destinati, per le loro caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso condiviso.
Per il vero è già da parecchio tempo che i giudici avevano affermato il principio per cui la natura del sottotetto si determina in base al titolo o al regolamento e solo in mancanza di qualsivoglia indicazione può ritenersi comune se esso risulti in concreto, oggettivamente destinato anche solo in via potenziale all’uso comune o all’esercizio di un servizio comune (Cassazione 18091/02). Anche di recente la Suprema Corte ha precisato che se il titolo di acquisto non dispone diversamente, il sottotetto è di proprietà comune quando le sue dimensioni e le sue caratteristiche, per altezza e per praticabilità, sono tali da consentirne una utilizzazione da parte di tutti i condomini come vano autonomo, vuoi per l’esercizio di una attività comune oppure per rendere un servizio di interesse di tutti i condomini, quale può essere uno stenditoio o un deposito. Non si deve fare riferimento all’uso effettivo e attuale che viene fatto del sottotetto, bensì a quello potenziale (Cassazione 7096/11).
Deve invece considerarsi di proprietà esclusiva dell’appartamento dell’ultimo piano quando è formato da un vano destinato solo a servire da protezione a questi, costituendone pertinenza. È il tipico caso del sottotetto con la pavimentazione formata da tavolati di legno, con altezza minima e privo di prese d’aria. Lo stesso vale per spazi magari più alti, ma senza alcun ingresso dalle parti comuni, ai quali è possibile accedere solo dai sottostanti appartamenti. Se così conformato, il sottotetto è di proprietà esclusiva dei condomini delle unità site all’ultimo piano.
Non sorge invece problema quando il sottotetto è incluso tra i beni che hanno formato oggetto di vendita in favore di qualche condomino: basterà solo accertare che la cessione a un condomino del sottotetto sia compatibile con quanto previsto nei rogiti degli altri condomini. Uguale ragionamento vale se il regolamento di condominio allegato ai singoli rogiti prevede anche il sottotetto tra le parti comuni.
Nel dubbio, occorre fare riferimento all’atto costitutivo del condominio e quindi al primo atto di trasferimento di una unità immobiliare. Le incertezze sorgono quando nessun atto parla dei sottotetti.
Le vigenti leggi urbanistiche regionali hanno facilitato la trasformazione del sottotetto in locale abitabile, intervento comunque possibile solo in assenza di particolari limiti contenuti nel regolamento. I giudici sono andati anche oltre, consentendo di effettuare la trasformazione di una parte del tetto dell’edificio in terrazza ad uso esclusivo, a condizione che sia salvaguardata con opere adeguate la funzione di copertura svolta dal tetto preesistente (Cassazione 14107/12): si afferma quindi la possibilità per il condomino di appropriarsi in via esclusiva di una porzione di bene comune, facendone un uso legittimo ai sensi dell’art. 1102 Cod.civ.
Il divieto di alterare la destinazione del bene comune non può infatti essere inteso nel senso della immodificabilità della cosa nella sua consistenza materiale, ma va valutato in relazione alla funzione del bene. E così, la soppressione di una piccola porzione di tetto in favore di una terrazza ad uso esclusivo di un condomino che in tal modo ne trae un uso più inteso, non costituisce sempre e in ogni caso opera illegittima. Se la modifica apportata al tetto non è significativa, la sua trasformazione in terrazza non necessita nemmeno del preventivo consenso da parte dell’assemblea, sebbene regole di buona convivenza impongono di almeno renderla edotta dell’intervento.
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