In caso di separazione e divorzio tra coniugi, un posto a sè occupa l’assegnazione della casa familiare: vediamo alcuni importanti aspetti relativi all’argomento
Separazione, divorzio e casa familiare
In caso di separazione (consensuale e non), come in sede di divorzio, un aspetto rilevante è dato dall’assegnazione della casa familiare.
Per quanto riguarda la separazione, la materia, in precedenza regolata dal codice civile all’art.155-quater c.c., è oggi regolata, con delle modifiche, dall’art. 337-sexies c.c. introdotto nel codice civile dalD.Lgs. n. 154 del 2013 (intitolato Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione), il quale così dispone: Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza.
Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.
Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643 c.c..
In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori e’ obbligato a comunicare all’altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l’avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficolta’ di reperire il soggetto.
Casa familiare, priorità all’interesse dei figli
Come si evince chiaramente, l’interesse che primeggia tra tutti e quello del figlio, in particolare se minore.
Il fine dell’istituto dell’assegnazione è infatti proprio quello di assicurare al minore di non subire particolari stress e di garantirgli una certa stabilità, a maggior ragione se intorno a lui molte cose importanti cambiano.
Figli che possono anche essere maggiorenni, se economicamente non autosufficienti (si veda ad es. Cass. n. 4108/1993) e possono essere nati dal matrimonio, ma anche fuori da esso.
È talmente importante la rilevanza che hanno i figli nell’assegnazione della casa che è ormai acquisito che non si procede ad assegnazione al coniuge in assenza di prole (si veda ad es.Cass. n. 3934/2008).
Casa familiare e mancata abitazione
Coerentemente, l’assegnazione della casa familiare secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, non può essere concessa se riguarda un’abitazione che non fu adibita a casa familiare.
L’orientamento è stato di recente ribadito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 22581 del 2015, secondo cui l’assegnazione della casa familiare prevista dall’art. 155 quater cod. civ., rispondendo all’esigenza di conservare l’habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare, è consentita unicamente con riguardo a quell’immobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza, con esclusione di ogni altro immobile di cui i coniugi avessero la disponibilità (Cass. civ. sez. I n. 14553 del 4 luglio 2011).
Nel giudizio di cui alla sentenza n. 22581 veniva pertanto rigettata la richiesta della moglie di assegnazione di una casa che non era mai stata abitata dalla famiglia.
Assegnazione casa familiare e abbandono dell’abitazione
Così come non è stato riconosciuto il diritto in caso di abbandono dell’abitazione (v. ad es.Cass. n. 13736/2003) o di nuova convivenza o matrimonio (v. Cass. n. 2674/2007).
Assegnazione e rapporti economici
A norma del secondo periodo del primo comma dell’art. 337-sexies citato,Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprieta’.
Per l’orientamento maggioritario l’assegnazione, pur avendo riflessi economici, non può essere ad esempio utilizzata per sopperire alle esigenze del coniuge economicamente più debole (v. ad es. Cass. n. 13736/2003), perchè ciò si tradurrebbe in una espropriazione del diritto di proprietà dell’altro coniuge (v. ad es. Cass. n. 4735/2011).
Ad ogni modo, la legge sul Divorzio n. 898/1970 all’art. 6, co.6, prescrive, per quanto ci in interessa, che L’abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età. In ogni caso ai fini dell’assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole.
Casa familiare e proprietà esclusiva
L’assegnazione può riguardare anche l’immobile di proprietà esclusiva di uno dei due (v. ad es.Cass. n. 23591/2010).
Assegnazione della casa familiare e trascrizione sui registri immobiliari
Sempre secondo il citato art. 6, co.6, L. sul divorzio, l’assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell’art. 1599 del codice civile; l’art. 1599 c.c. riguarda l’opponibilità al terzo del contratto di locazione (se ha data certa anteriore alla vendita).
Detto articolo ammette l’opponibilità ai terzi, per gli , nei limiti di un novennio, anche in assenza di trascrizione presso i registri immobiliari.
Fermo poi il rispetto della locazione se l’acquirente si è impegnato in tal senso verso l’alienante.
Ai sensi invece dell’art. 337-sexies c.c. il provvedimento di assegnazione della casa familiare, come quello di revoca, sono trascrivibili e opponibili a terzi, ai sensi dell’art. 2643 c.c.: detto articolo indica gli atti relativi ai beni immobili che vanno trascritti presso i pubblici registri immobiliari; la conseguenza della trascrizione del provvedimento in parola è appunto l’opponibilità a terzi che acquistino l’immobile.
La giurisprudenza prevalente ha affermato che l’assegnazione è opponibile anche se non vi è trascrizione, anche se solo per nove anni (v. Cass. n. 24321/2007).
È inoltre stata ammessa l’azione risarcitoria verso il venditore che ha omesso di informare l’acquirente del piccolo particolare del provvedimento di assegnazione (non trascritto).
Assegnazione e comodato
Spesso l’abitazione è assegnata in comodato da un terzo, di solito un familiare.
In materia la questione più controversa attiene alla possibilità del comodante di chiedere la restituzione del bene in qualsiasi momento, oppure no. Infatti l’art. 1809 c.c. consente, al primo comma, la restituzione al termine convenuto o alla cessazione dell’uso in conformità del contratto, mentre, al secondo comma, consente la restituzione del bene in caso di un urgente ed imprevedibile bisogno del comodante anche prima.
In assenza di determinazione del termine, come nel nostro caso, tutto si incentra sul considerare la destinazione dell’uso dell’abitazione alla vita famigliare rilevante rispetto al contratto di comodato.
Secondo alcune sentenze la risposta è no; secondo altre sì.
Nel primo caso si è riconosciuta la restituzione del bene per la semplice volontà del comodante (v. Cass. n. 15986/2010); nel secondo solo in caso di bisogno urgente (v. Cass. n. 3603/2004).
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