Per i lavori svolti non a regola d’arte risponde l’amministratore-direttore dei lavori e non il condominio
isponde l’amministratore che non ha convocato la ditta per correggere i vizi e non il condominio per la cattiva esecuzione dei lavori appaltati.
“In tema di appalto non è il condominio ma l’amministratore, in qualità di soggetto incaricato della direzione dei lavori per conto del committente, a rispondere della cattiva esecuzione dei lavori appaltati. È infatti proprio l’amministratore che, stante l’esecuzione dei lavori non a regola d’arte, deve convocare la ditta e pretendere l’eliminazione dei vizi”.
Questo è il principio di diritto espresso dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 12098 del 15 giugno 2016 in merito alla responsabilità dell’amministratore.
I fatti di causa. Tizio, proprietario di un’unità immobiliare, conveniva in giudizio il proprio condominio esponendo che nel 2006 erano stati eseguiti, per conto di quest’ultimo, lavori di manutenzione straordinaria della facciata e dei frontalini dei balconi dell’edificio condominiale; posto ciò, a causa della cattiva esecuzione di tali lavori, nel balcone dell’istante si erano manifestati distacchi di intonaco.
Per tali motivi, Tizio investiva della questione il condominio chiedendo la messa in sicurezza del proprio balcone. Tuttavia, non avendo riscontro, l’attore procedeva con un accertamento tecnico preventivo, all’esito del quale veniva accertato che la causa dei danni era addebitabile alla errata esecuzione dei lavori di appalto.
Per questi motivi chiedeva al giudice adito il rimborso delle spese del procedimento di accertamento tecnico preventivo e il risarcimento del danno. Costituendosi in giudizio, il condominio contestava in toto le pretese dell’attore.
Responsabilità per i danni arrecati a terzi. L’autonomia dell’appaltatore il quale esplica la sua attività nell’esecuzione dell’opera assunta con propria organizzazione apprestandone i mezzi, nonché curandone le modalità ed obbligandosi verso il committente a prestargli il risultato della sua opera, comporta che, di regola, l’appaltatore deve ritenersi unico responsabile dei danni derivati a terzi dall’esecuzione dell’opera (nella specie i danni derivanti dall’esecuzione di lavori di riparazione del tetto di un edificio in condominio).
Una corresponsabilità del committente (amministratore) può configurarsi in caso di specifica violazione di regole di cautela nascenti ex art. 2043 cod. civ. dal precetto di “neminem laedere“, ovvero in caso di riferibilità dell’evento al committente stesso per “culpa in eligendo” per essere stata affidata l’opera ad un’impresa assolutamente inidonea, ovvero quando l’appaltatore in base a patti contrattuali sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale “nudus minister” attuandone specifiche direttive.
In tali casi, accertare se ricorra o meno la responsabilità del committente, costituisce questione di fatto e come tale rimessa al giudice di merito la cui decisione non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata e immune da vizi logici e giuridici. (Cass. 21 giugno 2004 n. 11478)
La regola d’arte. Il requisito della rispondenza alla regola dell’arte dell’esecuzione di una prestazione professionale è di frequente uso nel diritto privato, ma mancando una diretta definizione normativa, la valenza giuridica della “regola” si desume da alcune norme generiche sul contratto (specialmente il contratto d’appalto) e sulle obbligazioni.
A livello generale, mentre l’art. 1176 comma 2° del codice civile prescrive che «nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata»; per l’art. 2224 c.c. il prestatore d’opera è tenuto a procedere all’esecuzione dell’opera «secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d’arte».
Il ragionamento Tribunale di Roma. Secondo il giudice romano,da una parte, di tale inadempimento non potrebbe che ritenersi responsabile, in forza degli obblighi nascenti dal contratto di appalto, la stessa ditta esecutrice dei lavori; dall’altro, però l’istante (condomino) non ha dedotto alcunché in ordine ad una eventuale responsabilità per mancato controllo in ordine alla corretta esecuzione da parte della stessa dei lavori appaltati, responsabilità che comunque potrebbe appuntarsi nei confronti del soggetto incaricato della direzione dei lavori per conto del committente, non già direttamente in capo a quest’ultima.
Difatti, tali conclusioni portano a disattendere la doglianza sollevata dall’attore nei confronti del condominio. In particolare, a parere del Giudice, la fonte di responsabilità era da individuare nell’attività dell’amministratore per mancata diligenza nell’espletamento del suo incarico: quest’ultimo, stante l’esecuzione dei lavori non a regola d’arte, doveva convocare la ditta e pretendere l’eliminazione dei vizi.
Ed ancora,a seguito dell’istruttoria, era emerso che i balconi presenti nell’edificio condominiale erano di tipo aggettante, i quali per costante giurisprudenza, costituiscono un mero prolungamento delle corrispondenti unità immobiliari (Cass. 6624/2012 e Cass. 15913/2007).
Quindi, in ragione della conformazione dei balconi, il cui parapetto era costituito da fioriere e, nella parte sovrastante da una ringhiera in ferro, lo stesso consulente tecnico aveva accertato che la causa dei danni lamentati era da ascrivere allo stato di cattiva manutenzione delle stesse fioriere(la loro sistemazione non rientrava nell’oggetto dei lavori d’appalto).
Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, il Tribunale di Roma ha disatteso la domanda proposta del condomino Tizio.
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